Giornalista e scrittore
 

La casta giudiziaria e i conti con le mele marce

La casta giudiziaria e i conti con le mele marce che consigliano al presidente dell’Anm di fare autocritica

La casta giudiziaria e i conti con le mele marce per l'Anm

Anziché criticare gli altri, la casta giudiziaria e i suoi vertici dovrebbero fare i conti con le mele marce al loro interno.

Per anni ha firmato sequestri contro i boss. E adesso, forse anche per una sorta di legge del contrappasso, un provvedimento di sequestro colpisce il suo patrimonio. Non che facesse del male a degli innocenti, ma forse non lo faceva con i crismi della correttezza. Almeno secondo la Procura di Caltanissetta e il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo.
Il giudice Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del capoluogo siciliano, avrebbe gestito in maniera allegra i beni sottratti alla mafia. E lo avrebbe fatto con la complicità dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara diventato, nel giro di pochi anni, il ras delle amministrazioni giudiziarie. Pertanto anche per lui è scattato un sequestro di beni.
La notizia di una presunta gestione poco legale da parte del giudice era nota da oltre un anno. Sono passati almeno 12 mesi dalla notifica all’interessata e ad alcuni suoi sodali di un avviso di garanzia. Allora il solerte moralizzatore e dogmatico presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), a quanto mi risulta, non ebbe nulla da dire sulla condotta di una sua collega, iscritta e protetta. Chissà se oggi Piercamillo Davigo avrà da erudirci.
Sempre pronto a puntare il dito contro gli altri, contro i politici in particolare. Non gli è mai venuto il dubbio che fosse anche il caso di fustigare gli appartenenti alle sue folte schiere in aura di castità. Laddove il termine non sta ad indicare certamente talune propensioni in odore di santità bensì degenerazioni.
Molto spesso evidenti e plateali da parte di chi sa di essere al riparo da qualsiasi azione sanzionatoria. Pertanto gestisce in maniera allegra e quasi divina l’immenso potere nelle sue mani, frutto di un ormai inesistente controbilanciamento dei poteri dello Stato di diritto.
Perché se gli onesti non mancano (per fortuna) e di quei tanti che non lo sono che c’è da preoccuparsi. Secondo gli investigatori della Finanza, Cappellano Seminara avrebbe anche offerto somme di denaro al giudice che teneva un tenore di vita altissimo e spesso era pure indebitato.
Per questa ragione Cappellano e Saguto sono accusati anche di concorso in corruzione. Erano già emersi ripetuti incarichi offerti dal legale al marito di Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, anche del valore di 750 mila euro.

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